giovedì 17 novembre 2011

La guerra degli 'umanitari' contro Israele e i sussulti della democrazia

http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=42299 

analisi di Giovanni Quer


I due progetti di legge sulle limitazioni finanziarie alle ONG hanno segnato il primo contrattacco dello Stato di Israele alla guerra diplomatica ingaggiata dalle ONG israeliane e palestinesi, impegnate in attività di BDS (boycott, divestment, sanction) e finanziate da ampie riserve private e pubbliche cui attingono grazie alla loro costituzione in lobby. Le due leggi, passate alla prima lettura, limitano il finanziamento straniero delle ONG a 20,000 NIS annui (ossia 4,000 EUR) e tassano le entrate generali del 45%.

Le critiche che seguono le leggi sulle ONG si sommano a quelle che violentemente attaccano le proposta di legge sulla composizione della commissione di nomina dei giudici della Corte Suprema, che impone che i due membri dell'Ordine degli Avvocati rappresentino uno la coalizione e uno l'opposizione, e sull'età minima per divenire presidente della Corte Suprema. Queste due ultime proposte sono state avanzate per garantire il controllo della destra sulla Corte Suprema, da sempre ritenuta troppo interventista nelle questioni politiche e un ostacolo alla libera azione nei campi della difesa e delle operazioni militari.

Israele da sempre gode di un alto grado di libertà d'espressione e di associazione. Le profonde critiche che si allarmano sulla "deriva fascista" si basano sull'idea che la limitazione della libertà di espressione e associazione è un atto dittatoriale che ha come scopo la restrizione del campo di azione delle ONG. Il che non è del tutto vero. Le altre critiche che sostengono che questo non è il miglior metodo per combattere il BDS non hanno del tutto torto. Si tratta in realtà di comprendere chi siano i destinatari delle leggi e quali effetti avranno.

Il contesto di guerra diplomatica
Le ONG israeliane che operano per la tutela dei diritti umani e la difesa della democrazia hanno da tempo adottato la strategia della denigrazione, a livello interno e soprattutto internazionale. Gran parte dei fondi che queste ONG ricevono sia da fonti governative sia da fonti non-governative, sono investiti in attività di "advocacy": la strategia politica è quella di perorare la causa dei diritti umani nei territori e dei diritti della minoranza araba in Israele presso organismi stranieri, acciocché questi possano esercitare pressione diplomatica e cambiare Israele dall'esterno.

Quando però le attività di advocacy internazionale superano di gran lunga quelle di advocacy interna, un dubbio si pone sulla reale missione delle ONG, in quanto un impegno per il cambiamento richiede un grande lavoro a livello sociale, mentre la pressione diplomatica quale frutto di attività di sensibilizzazione internazionale può alle volte esser controproducente--lo insegnano ad esempio l'Iran, la Turchia, l'Algeria ecc. In Israele ciò non è finora accaduto, in quanto la libertà di espressione e associazione è sempre stata garantita, ma la sufficienza con cui le attività di BDS sono state trattate ha avuto effetti dannosi sull'immagine di Israele, che ha progressivamente perso la guerra diplomatica con la lobby araba e "umanitaria".

Le leggi che limitano i finanziamenti: criticare con ragione
Le due proposte di legge non "chiudono i rubinetti" ai finanziamenti, bensì riducono il fiume di danaro governamentale a qualche flusso singhiozzato. Le critiche sconsiderate che si sono avventate sulle due leggi hanno urlato al calco fascista, alla sferzata tirannica, alla "legge bavaglio". È la moda degli ultimi tempi tacciare di fascismo o invocare le libertà fondamentali per non affrontare con più spirito critico le situazioni e i casi, in Italia come in Israele, dove però la situazione politica è ben più delicata.
Anzitutto, le leggi limitano i finanziamenti tout court, bensì i soli finanziamenti provenienti da fonti governamentali. Ciò significa che le donazioni private continueranno a fluire nelle tasche delle organizzazioni non governative, che affondano le proprie radici nella società civile e dalla quale dovrebbero attingere i propri fondi principali.

In secondo luogo, le leggi sembrano colpire più la comunità internazionale ed in particolare l'Unione Europea, La Gran Bretagna, La Spagna, il Belgio, l'Olanda e la Danimarca che si annoverano tra i maggiori finanziatori, più che contro le stesse ONG. Il messaggio mandato dalla Knesset sembra esser diretto ai capi di stato, di governo, ai parlamentari di quei Paesi che manifestano il proprio interesse nei confronti del Medio Oriente e pare aver un contenuto specifico: fate attenzione a quanto vi viene detto dalle organizzazioni e soprattutto fate attenzione a quanti soldi avete già dato e state dando (la cui somma supera di gran lunga gli investimenti nei diritti umani destinati ad altre zone del mondo, tra cui Turchia, Iran e Algeria).
Infine, una ragionata critica potrebbe esser mossa verso la modalità di controbattere alla guerra diplomatica: la presenza delle ONG in Israele non è di per sé nociva, bensì lo è il loro messaggio rivolto al mondo, alla comunità internazionale, che si unisce alla propaganda della lobby araba nella delegittimazione di Israele. Limitarne i finanziamenti è un duro colpo all'immagine di Israele che verrà apprezzata solo per i suoi metodi forti. Al contrario, insistere sulla trasparenza, riprendere la lotta diplomatica, pretendere di dire la propria sono metodi pienamente democratici. Il sussulto alle basi democratiche di Israele è il primo segnale di una guerra totale che va inasprendosi sempre più, fino a toccare le modalità di composizione della Corte Suprema perché i giudici siano più allineati col potere.

Le ONG non se ne rendono conto, ma quanto credono di combattere ora, la presunta tirannide israeliana, è esattamente il risultato che sarà delle loro attività, se persevereranno nella loro campagna di demonizzazione. Una democrazia che è sotto attacco deve mostrare i muscoli, che per sua natura non apprezza molto. La comunità internazionale risponderà domani 16 settembre alla Commissione Diritti Umani, con un report sulla situazione in Israele. Se all'UNESCO si scambiano dei fumetti di critica al governo Netanyahu per incitamento alla violenza contro le agenzie ONU, non credo che l'obiettività giuridica sarà il primo metro di giudizio della democrazia israeliana.

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